Intervista a Chiara Zaccardi

Nome: Chiara
Cognome: Zaccardi
Ultimo lavoro: I peggiori

Hai carta bianca: descriviti come preferisci.

Sono un’amante delle sorprese: quelle sorprese che quando riescono bene fanno spuntare un sorriso meravigliato, quelle sorprese con cui ti rendi conto che qualcuno è molto meglio di come l’avevi immaginato. Oltre a ciò, sono ossessionata dalla scrittura, testarda, disordinata, pessimista, ironica. Nella nota biografica di un racconto ho scritto che il mio vero nome dovrebbe essere Fretta-Lenta, perché sono impaziente e pigra allo stesso tempo.

Ti va di raccontarci il tuo ultimo lavoro?

Certo. E’ nato per caso: ho sognato di essere rinchiusa e incatenata in un sotterraneo con alcuni compagni di università, senza sapere come e perché fossi finita lì. Così è nata l’idea del libro, che ha per protagonisti sette adolescenti, i peggiori di un liceo privato, costretti a seguire un corso serale di recupero per evitare l’espulsione. Un corso serale che si rivelerà tutt’altro che rieducativo.

Quando hai iniziato a scrivere, sapevi già che – prima o poi – ti saresti imbattuta in un romanzo come questo?

No, non ne avevo idea. Quando ho cominciato non sapevo neppure che sarebbe diventato un romanzo, e penso che non lo sarebbe diventato affatto se ci avessi riflettuto. Mi capita spesso di non finire ciò che inizio perché mi concentro troppo sui dettagli o perché mi convinco che la storia non funzionerà. Per “I peggiori” non è stato così: non mi sono fermata, non mi sono preoccupata del poi, ho scritto di getto le idee del momento e le pagine si sono moltiplicate.

Hai mai ballato sotto la pioggia?

Non proprio, però ho riso sotto la pioggia. E’ liberatorio lo stesso.

Esiste un libro che avresti voluto scrivere tu?

Tanti e, in realtà, nessuno, perché non sarebbero miei, perciò non sarebbero intrisi di quel miscuglio d’esaltazione, frustrazione, orgoglio e fatica che compone una buona idea.

La tua canzone preferita è…?

“Original prankster” degli Offspring.

Che rapporto hai con la televisione?

Un rapporto contagocce, nel senso che ne guardo poca, soprattutto la sera e soprattutto per vedere film, programmi d’informazione o documentari. Niente talent show, programmi sportivi o rotocalchi televisivi pomeridiani, non li reggo.

E con il cinema?

In media vado al cinema due o tre volte al mese e guardo di tutto, non solo thriller o horror. Sono un po’ fissata con le trasposizioni di libri, racconti o fumetti, mi piace confrontare i cambiamenti di trama, giudicare “l’incarnazione dei personaggi”, ascoltare le colonne sonore scelte… Per esempio, recentemente ho visto “Noi siamo infinito” di Stephen Chbosky, tratto dal suo stesso romanzo, e sono rimasta molto soddisfatta.

Hai mai parlato al telefono per più di due ore?

Forse sì. Quando ero alle superiori passavo dei pomeriggi interi al telefono con una mia compagna di scuola, che avevo già visto tutta la mattina in classe. Spesso stavamo lì a chiacchierare di niente perché nessuna delle due aveva voglia di fare i compiti. Le nostre madri dicevano che non aveva senso. Invece un senso c’era: amicizia.

Ti piacciono i proverbi? Ne usi uno più spesso?

Non sono un’esperta di proverbi, preferisco le citazioni. Come “Un libro deve frugare nelle ferite, anzi deve allargarle. Un libro deve essere un pericolo” di Cioran.

Hai tre righe per dire quello che vuoi a chi vuoi tu. Ti va di usarle?

No. Grazie, ma quello che voglio dire a chi voglio dirlo lo dico in faccia, di solito. Oppure, se non ci riesco glielo scrivo. Su un foglio. Privato.

Ti sei mai rapata i capelli a zero?

No. L’orrendo taglio a scodella d’età prescolare vale?

I peggioriSe potessi cambiare una cosa (ma una soltanto) del tuo ultimo lavoro, che cosa sceglieresti? Il titolo? Altro?

L’inizio. Lo capovolgerei. Certo, col senno di poi è tutto facile.

Quando scrivi, hai un lettore di riferimento oppure scrivi solo per te stessa?

Il mio lettore non ha volto né identità. Potrebbe essere chiunque, non mi chiedo mai: “Come reagirebbe Tizio se leggesse questo?” perché altrimenti credo non scriverei mai nulla. Ma tener conto del lettore è indispensabile, almeno per mantenere uno standard qualitativo decente.

Tra due ore si parte per un viaggio su Marte: scegli tre oggetti da portare con te e un aggettivo per descrivere l’umanità ai marziani.

Preferirei scegliere tre persone da portare con me. Comunque, se devono essere tre oggetti: il mio romanzo da lanciare nello spazio (non potrei perdere un’occasione del genere!), una penna e un quaderno (sarò monotematica, ma dovrò pur scrivere un grosso “Wow!” nelle impressioni del momento). L’aggettivo per l’umanità: creativa.

La cosa che più ti annoia, quella che più ti diverte e quella che più non sopporti.

Mi piace uscire e viaggiare quindi mi annoio se per qualche motivo devo restare in casa a lungo. Mi diverto a conoscere persone nuove, spiritose e originali, mentre trovo insopportabile non avere obiettivi.

Stai già lavorando alla tua prossima pubblicazione? Se sì, ci regali un’anticipazione?

Stavolta non sarà horror. Sarà un anno di vita, raccontato da quattro ragazzi provenienti da città ed esperienze diverse.

Prima di salutarci, l’ultima domanda è tua. Chiediti quello che vuoi, ma ricorda anche di risponderti.

Splendida donzella (sono sempre molto cortese con me stessa), quali sono le tre cose che vorresti assolutamente fare prima di morire?

Un lancio con il paracadute, un giretto in California on the road e un libro con la copertina di cartone… Perché quando pubblichi con la cover rigida, sei proprio arrivato!

Lascia un commento

Archiviato in Interviste

Lascia un commento, se ti va

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.