Lettere al serial killer: macchine da guerra

Corrosivo Greg,

sono Clem Rivera, ‘Lem’ per gli amici, perché sono sempre sulla luna.

Ti scrivo per condividere la tua grande passione per le macchine per la guerra di Leonardo da Vinci. A parer mio, il tuo quindicesimo ammazzamento resta uno dei più geniali, sotto il segno della nobile tradizione guerriera dei Borgia.

Mi domando come tu abbia potuto costruire quella balestra gigante, in quel rattoppato capannone fuori Sun Valley, nell’angolo più fetente dell’Idaho, visto che il tuo aiutante, Inigo Karota, tanfava di guano, pur masticando continuamente foglie di mentuccia profumata.

Quanto tempo ti è occorso per realizzare un ordigno largo 2 braccia e lungo 40?

Clem Rivera

 

Stupito Clem,

Inigo Karota non tanfava di guano. Di più. Era lui il guano.

Eppure la sua manualità, il suo puzzolente estro, la sua marcescente duttilità, mi mancano come il pesce gatto del Missisipi, quando intreccia le fusa nella stagione degli amori.

Non è poi stato così complesso copiare il progetto del Maestro Leonardo, ricavato, come ben tu saprai, da uno dei mille guizzi appuntati sul Codice Atlantico. Sapevamo benissimo che il gigantesco arco doveva essere realizzato a sezioni laminate. Giusto per aumentare flessibilità e potenza, perchè quella porca di Ginny Butler potesse morire nel migliore dei modi, alla maniera ‘da Vinci’.

Ti posso dire che il prezioso Karota sudò le classiche sette camicie, già sozze di loro, per calibrare il metodo di arretramento della corda, con un incredibile sistema meccanico a vite. Quel giorno bestemmiò non meno di un migliaio di volte e le sue scoregge bruciarono le doppie punte di tutti gli alberi dell’Idaho. Una volta terminata l’operazione, a notte fonda, esclamò una bella cosa, che non scorderò mai: “Vacca di un Leonardo, più Gioconde e meno balestre”.

Nel giro di otto giorni finimmo per bene la nostra balestra gigante.

Inigo, dopo aver svuotato dodici taniche di sidro, sosteneva di sentirsi disidratato. Ma era sidratato, di fatto.

Da ultimo, volle che il meccanismo di scatto funzionasse con la variante della percussione. E alla fine piangemmo. Per
la gioia, per la fatica, per la nobiltà del manufatto. Ti posso assicurare che una freccia che prende slancio da una tacca di circa venti metri, è uno spettacolo fuori natura. Di Ginny la porca rimase un filo di corpo in un ammasso di poltiglia. E il suo sguardo era pieno dello stupore leonardesco nelle dissezioni dei cadaveri, per capirne di anatomia.

“Un budino andato in vacca, anzi. Una vacca andata in budino”, commentò Inigo, con una esalazione così feroce da farmi decidere di non lavorare più con lui, almeno per un po’.

Greg

P.S.: Se vuoi, conservo ancora gli appunti di una catapulta ad argano. Inigo lo puoi trovare a Sun Valley, seguendo la scia del cattivo odore. Il lavoro vale la candela, se hai qualche soggetto insopportabile da far fuori, alla maniera ‘da
Vinci’.

 

Questa rubrica è curata e ideata da Carlo Cavalli. Nel caso, prendetevela con lui.

1 Commento

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Una risposta a “Lettere al serial killer: macchine da guerra

  1. Sorcio Keilkramanway.

    Inigo Karota è un galantuomo.
    Peccato quella sua insofferenza alla presenza di un coniglio.

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