10 MODI PER IMPARARE A ESSERE POVERI MA FELICI di Andrea Pomella

“Bisogna gettare il discredito sul danaro, scriveva Simone Weil. Questo momento storico è propizio per farlo. Abbiamo l’opportunità di toccare con mano la stupidità del denaro, del suo immaginario, delle sue menzogne. E, per converso, di riscoprire il mondo nella sua verità, nella sua poesia, ovvero nel suo senso più profondo. Di riscoprire la condivisione”. (Marco Rovelli)

L’illusione degli ultimi anni è stata quella di avere un accesso illimitato al credito. E di poterci permettere, grazie all’accesso al credito, qualsiasi cosa: gite fuori porta e vestiti sempre nuovi, iPhone e happy hour, centri benessere e vacanze sugli sci. Così ci siamo abituati a stare bene solo quando spendiamo: in quel momento di fronte a noi sono aperte tutte le possibilità e ci sembra di avere un potere – grande o piccolo, non importa – nelle nostre mani.
Ma da quando è cominciata la crisi le cose non stanno più così.

Di colpo le nostre giornate si sono svuotate, perché il problema adesso è guadagnare abbastanza per le spese fondamentali, non ci è più possibile scialacquare nel superfluo. Così ci sentiamo disorientati. Così non sappiamo più bene come essere felici, perché non ci ricordiamo dove sta di casa una felicità che non sia infettata dal consumismo.

Occorre quindi imparare a essere poveri senza essere miseri. Ad allontanare da sé la vergogna per una situazione che non è una colpa, e sapere che anche dentro i confini di questa situazione ci può essere benessere psicologico e felicità. Ce lo spiega bene Andrea Pomella, con capacità di analisi e grande preparazione, in un percorso che si fa forte di modelli culturali anche molto distanti tra loro per origine, ma tutti accomunati da elementi di cui far tesoro.

Perché vale la pena di leggere 10 modi per imparare a essere poveri ma felici? Perché è un libro che permette di capire le tensioni e le frustrazioni del nostro tempo. Però, per una volta, lo fa partendo da noi e non dalla politica o dall’economia o dalle statistiche.
Perché non si tratta di un libro di parte – “cattolico” o “comunista” o “pauperista” o altro – e quindi non predica una vita in povertà fine a se stessa. Al contrario, si tratta di un libro per tutti, in cui si esprime il desiderio di superare la povertà, salvaguardando i propri desideri su un altro piano. Perché ci viene incontro, con una lingua bella e limpida, con immagini comprensibili e immediate. E tuttavia non svilisce i concetti che ci porge.

Andrea Pomella (Roma, 1973) scrive sul “Fatto Quotidiano” on line e sulle pagine culturali dell’“Unione Sarda”. Ha pubblicato vari libri d’arte tra cui I Musei Vaticani (Editrice Musei Vaticani, 2007) e Caravaggio. Un artista per immagini, prefazione di Maurizio Calvesi (ATS Italia, 2005). Ha pubblicato il romanzo Il soldato bianco (Aracne, 2008) ed è stato autore di testi per opere di musica da camera contemporanea.

L’INCIPIT
Ray Bradbury diceva che i libri sono odiati e temuti perché rivelano i pori sulla faccia della vita. Un libro che abbia l’ambizione di argomentare su un tema ruvido come la povertà non dovrebbe accontentarsi di questo; dovrebbe scandagliare quella faccia in cerca delle rughe, delle macchie, degli inestetismi, fi no ad arrivare al fondo delle disarmonie, portandone a vista gli effetti più ripugnanti.
Non esiste una sola povertà, esistono molte povertà. Negli ultimi tempi, alle prese come siamo con la peggior crisi finanziaria dal secondo dopoguerra, la gamma delle povertà, se possibile, è diventata ancor più vasta.

Andrea Pomella
10 modi per imparare a essere poveri ma felici
Pp. 144, euro 11,90
Prefazione: Marco Rovelli
Editore: Laurana

Collana: Dieci!
Data di uscita: 8 giugno 2012

4 commenti

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4 risposte a “10 MODI PER IMPARARE A ESSERE POVERI MA FELICI di Andrea Pomella

  1. leila mascano

    Non ho letto il libro, che immagino sia intelligente e ben scritto. Condivido il fatto che ci siano diversi livelli di povertà, e che siamo stati abituati agli sprechi: non si riparano più le cose, si buttano via, e del resto le riparazioni sono spesso più care dell’oggetto in sé. E’ anche vero che la “felicità” è rappresentata spesso dalla soddisfazione dell’avere piuttosto che da quella dell’essere, come Fromm insegna. Io però aggiungerei delle virgolette al “poveri” del titolo, nel senso che persone che non possono più permettersi il superfluo possono essere felici in altri modi che procurandoselo, ma quelli cui viene negata la dignità di un lavoro, che precipitano da un relativo benessere ai drammatici problemi di un manager cinquantenne licenziato con famiglia e impegni da mantenere, di un titolare di una fabbrica costretto a chiudere, di uno dei tanti cassintegrati con nessuna prospettiva, per non parlare dei giovani condannati fino a quarant’anni ad una fittizia gioventù a casa di mamma e papà perché non riescono a mantenersi …beh, lì davvero c’è poco da essere felici, perché non viviamo un Utopia, o nella Città del sole, e neppure nella Repubblica di Platone, ma in una società che è violentemente, crudelmente competitiva che sta diventando sempre più feroce con chi non sa e non può tenere il passo. Infatti sale il numero degli sbandati, degli emarginati, e purtroppo dei suicidi. D’altra parte una politica dissennata ha invitato tutti a spendere quel che ancora non si era guadagnato, e quello che è accaduto da noi era prevedibile da anni. Che sia folle identificare la felicità nei beni materiali è assolutamente vero, ma è anche vero che senza la possibilità di una vita decorosa, di garantire studio e cure ai propri cari, di concedersi un piccolo piacere come l’acquisto di un libro, sia pure su una bancarella, parlare di “felicità”, sia proprio difficile. Naturalmente il titolo del libro è solo un pretesto per queste considerazioni, che credo che l’autore condivida con me.

  2. Connie Esofago.

    Declassati i 10 modi.
    Da stamattina, ora sono Moody’s.
    Quei signori stanno studiando il sistema per renderci poveri ma infelici.
    Un progetto socialmente utile.

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